L’ordinamento italiano consente il trasferimento della propria residenza presso l’abitazione di un amico senza sottoscrizione di un contratto di locazione o di comodato d’uso, ma mediante una dichiarazione di ospitalità, meglio conosciuta come certificato di residenza come ospite. Ovviamente, tale possibilità fa scaturire delle conseguenze di varia natura per l’ospitante, come ad esempio, la divisione delle spese domestiche, l’aumento della Tasi, la perdita di alcune agevolazioni e l’assunzione di taluni rischi che proveremo a chiarire nei prossimi paragrafi.
In altre parole, un soggetto o una famiglia con residenza stabile in Italia può decidere di ospitare una persona nella propria casa in modo duraturo senza dover stipulare un contratto di comodato d’uso gratuito e tantomeno un contratto di locazione, ma per ragioni affettive, umanitarie o di opportunità, legate ad esempio al bisogno di compagnia.
Risulta essere importante ricordare che questa operazione è consentita anche nel caso in cui il soggetto ospitato voglia mantenere la residenza in una città, modificando solo il domicilio, visto come luogo in cui si svolgono alcune attività non rientranti nella routine quotidiana e dove si hanno gli interessi principali. Emerge, a questo punto, la necessità di fare una differenza preliminare tra la residenza e il domicilio per essere più chiari nella trattazione e fugare ogni dubbio sulla loro compatibilità.
Indice
Residenza – Differenze con il Domicilio e la Dimora
Secondo l’articolo 43, II comma c.c. mentre la residenza è quel luogo nel quale un soggetto ha la sua abituale dimora e cioè l’abitazione in cui vive stabilmente, la dimora si identifica con il luogo nel quale la persona vive. Per questo dimora e residenza devono coincidere, dal momento che sembra difficile ipotizzare che un soggetto fissi la sua residenza in un luogo in cui non dimora in modo stabile e duraturo.
Questa possibilità di scindere la residenza dalla dimora è consentita solo eccezionalmente e per brevi periodi come, ad esempio, nel caso di spostamenti prolungati dovuti alle vacanze estive o quando si svolge un’attività che richiede la permanenza presso altre città in modo frequente. Non è invece ammessa la possibilità di avere residenze di comodo, cioè residenze fissate in una determinata città nella quale non si intende dormire o non si vive mai, ma la cui scelta è determinata solo da ragioni di opportunità come, ad esempio, l’intenzione di evitare il pagamento di tasse più elevate o per altre ragioni familiari.
In altre parole, la residenza coincide con l’abitazione e si differenzia con il domicilio, che è invece il centro di interessi e affari, così come si evince dal combinato disposto dell’articolo 14 della Costituzione e degli articoli 45 e 46 del codice civile che ben chiariscono la ratio della norma e l’intenzione del legislatore.
Specifichiamo, a tal fine, che la residenza si riferisce a un solo indirizzo e a un unico Comune perché deve consentire l’iscrizione alle relative liste elettorali e a quei vantaggi legali e fiscali goduti dai residenti di una specifica località. Solo per fare qualche esempio, pensiamo alla possibilità di usufruire agli sgravi fiscali in caso di ristrutturazioni o nuove costruzioni, alla pertinenzialità in caso di acquisto di box o all’acquisizione di case popolari. Ma anche la scelta del medico di base, la scuola per i propri figli e tutto quello che è legato alla territorialità.
Come Fare il Cambio di Residenza
Il Decreto Legge numero 5 del 2012, convertito nella Legge numero 35 del 2012 prevede la possibilità di cambiare la propria residenza con un’istanza da presentare al Comune nel quale si intende fissare la nuova residenza. La domanda non è altro che un modello ministeriale prestampato che viene spedito via mail, via posta o via fax allegando i documenti di identità delle parti coinvolte, come carta d’identità e codice fiscale, sottoscrivendo inoltre ogni pagina del modello.
Nel caso in cui la domanda viene accolta, la residenza ha inizio dal giorno della presentazione dell’istanza, in questo modo il Comune procede all’iscrizione anagrafica a cui conseguirà una verifica dei dati entro i 45 giorni successivi. Il controllo avrà ad oggetto la veridicità dei dati inseriti nella domanda e si perfezionerà con il cosiddetto silenzio assenzio della pubblica amministrazione e cioè con l’assenza di diniego, richiesta di integrazioni o chiarimenti. Il tacito consenso determina il consolidamento della nuova residenza e il perfezionamento della domanda.
Vi può essere, però, il caso in cui il Comune rigetti l’istanza perché ravvisa errori nella compilazione della domanda o perché mancano i documenti richiesti. In questo caso saranno richieste le integrazioni necessarie o la ripetizione della domanda per dare inizio alla sanatoria e, ai sensi del Decreto Legge n. 5 del 2012, convertito in Legge n. 35 del 2012, vi sarà conferma dell’iscrizione. In caso contrario l’iscrizione viene totalmente annullata e la residenza precedente viene automaticamente ripristinata.
Ma quali sono i casi in cui è possibile cambiare residenza e quali, invece, quelli per i quali la legge pone un chiaro divieto? La prima ipotesi esclusa dall’ordinamento italiano è quella dell’occupazione abusiva di un immobile: in questo caso non sono consentiti allacci alle utenze, ai servizi pubblici, né ovviamente cambi di residenza. Per tale ragione viene richiesto il collegamento con un immobile: un contratto di comodato d’uso gratuito o a titolo oneroso, un contratto d’affitto o, infine, l’ospitalità comprovata dalla presentazione del certificato di residenza come ospite.
In questo caso il cambio di residenza è ammesso anche se si è ospite presso l’abitazione di un terzo soggetto, scegliendo la sede di quella casa come la propria abituale dimora. Ricordiamo che questi atti devono essere menzionati espressamente nell’istanza per il cambio di residenza e se vi sono contratti di affitto o di comodato d’uso, questi vanno allegati insieme ai documenti dei proprietari di casa. Per evitare il rigetto della domanda di residenza come ospite, dunque, occorrono non solo i documenti delle parti coinvolte ma anche una copia del contratto di locazione nel caso in cui l’ospitante non sia il proprietario, con i suoi documenti di riconoscimento.
La legge considera tutti i soggetti che appartengono al nucleo familiare del proprietario o dell’intestatario del contratto come aventi diritto all’iscrizione, oltre a coloro che sono iscritti all’interno dello stato di famiglia dopo la presentazione di una dichiarazione che attesti la presenza di uno stabile legame affettivo.
Per quanto riguarda la cancellazione dal registro di residenza e dall’anagrafe del Comune precedente, essa avviene in modo automatico quando c’è l’iscrizione presso un Comune diverso. Questo significa che l’ospitante non docrà preoccuparsi di andare presso il precedente comune di residenza per comunicare il cambio, perché sarà la stessa Pubblica Amministrazione a comunicare il trasferimento a mezzo pec all’altro Comune.
Conseguenze del Cambio di Residenza per Ospitalità
Quando un soggetto cambia residenza, sia come ospitato che come proprietario, è soggetto ad alcune conseguenze sia di natura fiscale, sia economica che dal punto di vista del godimento di diritti civili. Il primo cambiamento per l’ospitato riguarda il seggio elettorale e cioè il luogo in cui recarsi per esprimere il proprio voto in periodo di elezioni: in questo Comune si ricevono le comunicazioni previste dalla legge e si possono usufruire di alcuni diritti riconosciuti dallo Stato per i propri cittadini.
È bene ricordare che se l’ospitante è proprietario dell’abitazione, per ottenere il certificato di residenza come ospite è sufficiente una comunicazione da inviare all’ufficio Anagrafe del Comune; quando invece il soggetto ospitante è in affitto, occorre la preventiva autorizzazione del proprietario ad accogliere l’ospite, dichiarando quell’immobile la sua abituale dimora. In mancanza di questo permesso rilasciato dal proprietario, l’ospite viene considerato abusivo con ripercussioni anche sull’affittuario che ha agito all’insaputa del proprietario e senza le dovute autorizzazioni.
Un aspetto da considerare quando c’è un cambio di residenza è l’aumento della tassa sui rifiuti per l’ospitante. Sappiamo, infatti, che tale tassa viene calcolata sulla base di due requisiti: i metri quadrati dell’immobile, che rappresentano la quota fissa dell’imposta, e il numero degli occupanti la casa, come quota variabile. Questo significa che chi decide di ospitare un soggetto nella propria casa dovrà fare i conti con l’aumento della parte variabile di questa imposta dovuta al rincaro sullo smaltimento dei rifiuti.
Ciononostante, il Comune in questione può decidere di concedere alcuni sgravi fiscali che possono giungere fino 30% dei costi totali e che avvantaggerebbero l’ospitante. A tal fine, è importante verificare la possibilità di rientrare in questa casistica e di effettuare la relativa domanda in modo tempestivo.
Un altro aspetto rilevante della questione riguarda l’opportunità o meno di dichiarare, contestualmente alla domanda di ospitalità, di appartenere o meno al nucleo familiare dell’ospitante. Si tratta di una dichiarazione importante che implica conseguenze anche nella dichiarazione dei redditi. Ma andiamo con ordine: se l’ospitante dichiarasse di appartenere al nucleo familiare, l’ospitante vedrebbe lievitare anche l’Isee, Indicatore Situazione Economica Equivalente, con conseguente aumento della dichiarazione dei redditi scaturita dall’aumento dei soggetti appartenenti al nucleo familiare. Se, invece, non viene inserito nel nucleo familiare dell’ospitante, non vi sarebbe alcun mutamento dell’Isee ma solo delle spese generali di gestione domestica.
Per quanto riguarda altre tipologie di tasse da pagare, la legge ammette un accordo tra ospitante e ospitato volto a dividere equamente le spese da sostenere. L’esempio classico riguarda il canone Rai, che viene calcolato sul possesso di uno o più apparecchi ricettivi: in tale caso le parti possono accordarsi per la divisione di tale spesa, trovando così convenienza anche l’ospitante che godrà di un piccolo sgravio.
Il certificato di residenza come ospite è un atto di grande civiltà che può aiutare in modo concreto una persona che si trova in difficoltà, un immigrato che ha ottenuto regolare permesso di soggiorno in Italia ma che non sa momentaneamente dove vivere o un parente che intende studiare nella propria città, facendolo vivere in un contesto familiare protetto.
Insomma, le ragioni per le quali accettare un ospite stabilmente in casa propria possono essere molto diverse, ma questo atto di generosità non deve causare danni all’ospitante né mettere a repentaglio la sicurezza della famiglia. Bisogna ricordare, infatti, che quando un soggetto si stabilisce in una casa come residente, si trasforma da ospita ad abitante a tutti gli effetti.
Ma quali sono le cautele da prendere e in quali casi si può rivelare rischioso? La prima verifica che occorre fare è la possibilità che egli sia debitore di terzi soggetti che facciano istanza di pignoramento di beni di sua proprietà per fare in modo che vengano venduti. Questo stato di fatto può avere ricadute dirette molto gravi sull’ospitante, dal momento che il giudice può ordinare la ricerca di beni mobili di proprietà del debitore ospitato anche presso la residenza dove abita, e cioè a casa dell’ospitante che potrebbe trovarsi in situazioni spiacevoli senza che lo voglia o che ne sia a conoscenza.
La legge italiana, infatti, non specifica se i beni mobili da pignorare debbano trovarsi nella casa di proprietà del debitore o nel luogo in cui vive come comodatario o affittuario, consentendo così la ricerca anche dove egli vive come ospitato. In altre parole, questo significa che il proprietario della casa potrebbe vedersi pignorati anche beni di sua appartenenza poiché si trovano nella casa in cui vive il debitore e perché sono privi di un valido atto che ne documenti la proprietà.
Facciamo un esempio: per dimostrare l’appartenenza di un bene mobile a quel soggetto si parte dalla presunzione che tutto ciò che si trova presso la sua abitazione appartenga a lui. Per dimostrare il contrario occorre mostrare fatture di acquisto che provino che quel bene, come televisioni, mobili di valore, gioielli o altro, siano intestate al legittimo proprietario. Qualora non si riesca a fornire tali prove, tutti i beni che si trovano nell’abitazione possono essere pignorati e la prova che essi non sono del debitore dovrà avvenire successivamente mediante un’azione chiamata Opposizione di Terzo, che richiede in ogni caso tempo e denaro.
Ovviamente non è sempre possibile preventivamente la situazione patrimoniale del soggetto che si intende ospitare se non dal punto di vista immobiliare. Effettuando una verifica presso l’Agenzia delle Entrate, infatti, è possibile conoscere l’esistenza di procedure esecutive a suo nome e dunque l’esistenza di ipoteche iscritte sugli immobili a lui intestati. Per eseguire la verifica occorrono solo le generalità della persona da ispezionare. Ciononostante, non sarà possibile conoscere la situazione generale del soggetto, la veridicità delle sue dichiarazioni e neanche l’esistenza di debiti non ancora contestati in giudizio.
Un ottimo escamotage per evitare di avere problemi è quello di condizionare l’ospitalità alla stipula di un contratto di comodato d’uso gratuito regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Il contratto in questione dovrà contenere la durata del comodato e l’indicazione che si tratta di una casa ammobiliata, specificando che ogni cosa che vi si trova all’interno è di proprietà del comodante; meglio se la descrizione di tali beni mobili sarà accurata e specifica. In questo modo il soggetto ospitato avrà diritto a vivere presso l’abitazione e l’ospitante avrà un’arma importante contro il pignoramento.
Se oltre a essere al sicuro da eventuali azioni esecutive, il proprietario voglia ottenere anche una piccola somma forfettaria a titolo di rimborso spese per il disturbo subito, è possibile stipulare un contratto di comodato d’uso gratuito a titolo oneroso che preveda non solo la specifica dei beni di proprietà dell’ospitante, ma anche la dazione di una somma simbolica da versare una o due volte all’anno come forma di partecipazione alle spese di pulizia condominiali, alle tasse comunali e a tutto quanto occorre pagare quando si vive in un immobile. Si ricordi, però, che in nessun caso tale somma forfettaria deve nascondere una locazione o un pagamento mensile ma solo una rimborso forfettario.