In tema di residenza, non è raro che ci si chieda se sia possibile ottenerla senza un contratto di affitto. Un dubbio che, fondamentalmente, riguarderebbe la possibilità o meno di abitare all’interno di un immobile senza risultarne il conduttore né tantomeno il proprietario. Si tratterebbe, in sostanza, della situazione di ospite.
Un problema che spesso si pone chi ha la necessità di trasferirsi in una città soltanto per un determinato periodo di tempo: c’è il bisogno di riuscire ad avere la residenza, ma non quello di sottoscrivere un contratto di natura locatizia, né di acquistare una casa.
In linea generale, come sopra accennato, rivestire la qualità di ospite si rivelerà senz’altro la scelta migliore. Nella maggior parte dei casi trattasi di amici ai quali domandare, appunto ospitalità, magari con la premessa che le spese verranno divise equamente. In questo modo sarà possibile richiedere la residenza. A tal proposito, però, vi è tutta una serie di accortezze e di specificazioni che è bene non ignorare. Tra queste occorrerà precisare se il soggetto che si trasferisce come ospite fa parte oppure no del nucleo familiare di colui che lo ospita (cosa che avrà indecenza sulla dichiarazione cosiddetta ISEE). O, da non ignorare, il fatto che l’ospite sarà tenuto a pagare le tasse benché questi non sia affittuario e neanche proprietario (ne è un esempio la TARI, ovverosia la tassa che viene applicata sui rifiuti, la quale viene stabilita sulla base delle persone che vivono nella medesima casa).
In ogni caso, è bene non confondere termini quali residenza, domicilio e dimora, importanti per comprendere al meglio come fare per ottenere la residenza senza contratto d’affitto.
Posto quanto sopra e stante questa breve premessa, vediamo insieme tutto ciò che occorre sapere sul tema in esame.
Indice
Residenza, domicilio e dimora – Differenze e tutto ciò che occorre sapere a riguardo
Prima di passare al lato pratico e analizzare concretamente come ottenere la residenza senza contratto d’affitto, è utile esaminare alcuni termini che permetteranno di comprendere meglio l’argomento.
Partendo dalla dimora, questa è considerata il posto in un cui un soggetto ha la possibilità di soggiornare in via abituale oppure temporanea. La dimora si differenzia nettamente sia dalla residenza che dal d’omicidio.
In particolare, l’articolo 43 del vigente Codice Civile sancisce che il domicilio è quel luogo in cui una persona ha indicato la sede cosiddetta principale di tutti i suoi interessi oppure affari. La residenza, invece, è considerata quel luogo in cui una persona ha abituale dimora. In altre parole, la residenza è dove il soggetto abita in via continuativa (ovverosia non saltuariamente né tantomeno occasionalmente) per l’espletamento delle proprie abitudini di vita.
Al contrario, la dimora cosiddetta temporanea è intesa quale permanenza di natura momentanea di una determinato soggetto in un certo luogo (e questo può avvenire per ragioni di famiglia, per scopi di studio o magari di lavoro).
Tutti i Comuni d’Italia, sulla base del Decreto del Presidente della Repubblica numero 223 del 1989, devono necessariamente tenere “l’anagrafe” del popolo temporaneo, ove vengono indicati i nomi dei vari cittadini, sia essi italiani oppure stranieri, che, “dimoranti” all’interno di un Comune che sia differente rispetto a quello dove hanno la loro residenza per un lasso di tempo superiore ai quattro mesi (e che non siano in grado di determinare in detto Comune la residenza).
L’iscrizione è svolta tramite domanda, da inviarsi anche in via telematica, del soggetto interessato, oppure dell’ufficio qualora l’ufficiale venga a sapere della presenza del soggetto all’interno del Comune dal sopracitato periodo. Alla domanda, presentata tramite modulistica apposita, compilata e sottoscritta, consegue una breve procedura finalizzata all’accertamento del titolo di occupazione dell’immobile (tutto ciò sulla base dell’articolo cinque del Decreto Legge numero 47 del 2014), che termina con l’iscrizione nello “schedario” anche per tutti coloro che fanno parte del nucleo familiare del soggetto interessato.
Unicamente al Comune è permesso di rilasciare le certificazioni di tipo anagrafico di residenza cosiddetta effettiva. Delle varie iscrizioni o anche cancellazioni dal sopracitato schedario deve essere reso edotto l’ufficiale, relativo al settore anagrafe, del Comune in cui la persona risiede.
Da ultimo, se sono passati più di dodici mesi all’interno del Comune di non “effettiva” residenza, non è più possibile reputare la dimora come temporanea, e dunque il soggetto in questione sarà obbligato a domandare l’iscrizione direttamente all’anagrafe del popolo residente.
In linea generale, il diritto spettante ai cittadini di soggiornare o anche solo di circolare in maniera libera in ogni parte del territorio italiano, è sancito dall’articolo 16 della nostra Costituzione. Appartenere ad una determinata comunità di natura sociale ha come conseguenza quella di non tendere ad estraniarsi mediante l’opzione dell’irreperibilità, dato che vivere comporta l’installazione di certi rapporti che assumono rilevanza di tipo giuridico e che, pertanto, comportano il sorgere di obblighi di diritti. Trattasi, in altre parole, di esigenze che richiedono che un soggetto sia reperibile all’interno del territorio nazionale.
Questo spiega per quale motivo gli elementi di una permanenza di genere continuativo, stabile e fondata sul proposito di rimanere in un determinato luogo, creano la definizione di dimora di tipo abituale quale presupposto della cosiddetta residenza.
In altre parole, la dimora di natura abituale è strettamente funzionale alla determinazione del luogo di residenza della persona, cioè del posto in cui solitamente questa esplica la propria quotidianità, tramite lo svolgimento di obblighi e l’esercizio di specifici diritti. E la certificazione proveniente dall’anagrafe non sempre basta per provare la dimora di genere abituale, in quanto il soggetto potrebbe vivere da un’altra parte e aver fatto una dichiarazione di residenza puramente fittizia.
Per fare un esempio concreto, ciò accade nelle ipotesi in cui, per ottenere dei benefici di natura fiscale, un soggetto stabilisce la residenza in uno dei suoi immobili di proprietà, comprato magari solo per trascorrerci le vacanze e dunque non classificabile come la sua dimora di tipo abituale.
Sempre in tema fiscale, in un eventuale giudizio si può provare di possedere le condizioni necessari per poter ottenere i benefici fiscali con ogni mezzo che sia volto ad attestare l’espletamento in modo continuativo, nonché stabile, della vita “quotidiana” presso quella determinata casa (utili sono i documenti che attestano i consumi indicati nelle varie bollette relative alle utenze di genere domestico).
Il che significa che le bollette delle utenze rivestono un ruolo fondamentale, specie se sono relative a consumi elevati, capaci di trovare il giusto riscontro con i componenti della famiglia. In questo modo sarà facilmente dimostrabile quale sia l’abitazione usata in via principale.
Posto quanto sopra e ricapitolando brevemente: la residenza e il domicilio sono circostanze completamente differenti tra di loro. La dimora, invece, se è di natura abituale (e dunque non temporanea) è strettamente collegata con la residenza, giacché ne rappresenta inequivocabilmente il suo presupposto.
Come già anticipato, il domicilio è considerato la sede cosiddetta principale ove una persona ha la possibilità di svolgere i propri interessi oppure affari. In sostanza è dove un soggetto lavora, ragion per cui è spesso denominato domicilio “professionale”. Al contrario, la residenza concerne la vita strettamente personale e deve essere stabilita nell’immobile in cui detto soggetto ha la dimora di genere abituale, e quindi nella casa in cui abita stabilmente, sia esso da solo o in compagnia della propria famiglia.
Del mutamento del proprio domicilio deve essere data comunicazione a coloro a cui il soggetto interessato deve, in un certo senso, rendere conto (per fare un esempio: un avvocato dovrà comunicare la variazione del proprio domicilio professionale al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a cui appartiene). Colui che invece si trasferisce, ed in particolare lo fa da un Comune ad un altro, benché rimanga nel ed esimo territorio “comunale”, oppure la persona che cambia abitazione deve necessariamente procedere con una richiesta di mutamento di residenza di natura anagrafica, oppure la modifica del proprio indirizzo nel medesimo Comune.
A ciò si aggiunge che l’articolo 31 delle Disposizioni di Attuazione del vigente Codice Civile stabilisce che il trasferirsi in un differente Comune viene provato mediante una duplice dichiarazione: una, che viene data al Comune da cui il soggetto proviene e che contiene la specificazione della nuova dimora di natura abituale, e la seconda che è presentata al Comune ove la persona ha deciso di fissare la propria residenza, nel termine di venti giorni dal momento in cui avviene il trasferimento, in aggiunta alla carta d’identità, alla copia di un eventuale contratto di locazione, compravendita e via dicendo, e al codice fiscale.
Un Ufficiale della Polizia Municipale si premurerà poi di controllare che il trasferimento è veritiero tramite apposito sopralluogo all’interno della casa.
Ottenere la residenza senza contratto di affitto – Come fare e cos’è importante sapere a riguardo
Passando adesso al lato maggiormente pratico dell’argomento, vediamo cosa accade qualora una persona desideri avere la residenza senza però risultar proprietario dello stabile e pur non avendo un contratto di affitto. In particolare, la legge italiana prevede dei divieti e delle concessioni che, a tal proposito, è importante conoscere.
In primo luogo, è bene precisare che un soggetto non ha la facoltà di occupare un immobile in maniera abusiva, ovverosia prendendo la residenza e facendo sì che vengano allacciate le varie utenze. Il che significa che è assolutamente necessario e imprescindibile che vi sia o un proprietario oppure un inquilino, a cui naturalmente deve essere fatto apposito riferimento.
Ne consegue che un soggetto ha la possibilità, sulla base della normativa attualmente vigente, di mutare la propria residenza, pur in assenza di contratto se detta persona si trasferisce in qualità di ospite all’interno della casa di un’altra persona che ne risulta proprietaria, che vi risiede grazie ad un contratto di affitto o mediante un modo dato cosiddetto d’uso gratuito. In altre parole, quello specifico indirizzo potrà essere scelto quale dimora di natura abituale. Tutto ciò deve essere dichiarato prezzo l’ufficio anagrafe del Comune, nel momento in cui il soggetto in questione vi si reca per domandare il cambio della propria residenza, facendo vedere a chi di dovere il documento che attesta la proprietà dello stabile, o magari il contratto locatizio della persona che lo ospita.
Una simile operazione può essere tranquillamente effettuata anche quando un soggetto va ad abitare con un altro che fa parte del suo stesso nucleo familiare, o a cui è eventualmente legato da vincoli sia di tipo affettivo e che familiare. Il che vuol dire che detto soggetto avrà la possibilità di domandare il cambio della propria residenza pur non avendo sottoscritto un contratto di locazione.
Ricapitolando: per ottenere la residenza senza contratto d’affitto, basterà soltanto individuare una persona (che fa o meno parte della famiglia) e chiedere di essere ospitato. Tale persona dovrà avere una casa di proprietà oppure vivere in affitto, o grazie al comodato d’uso gratuito.
Ma come fare concretamente per associare la residenza a quello specifico indirizzo? Scopriamolo passo dopo passo.
Innanzitutto, per cominciare, è necessario presentare un modulo apposito e presentarlo, naturalmente compilato con tutti i dati richiesti (mediante fax, posta elettronica o posta ordinaria) presso il Comune in cui si desidera andare ad abitare. Il tutto allegando al modulo la carta di identità. Detta domanda deve essere approvata e successivamente accettata, e solamente allora la residenza verrà acquisita.
Trattasi di un procedimento che richiede all’incirca quarantacinque giorni. Tempo che il Comune si prende per espletare le opportune verifiche, non solo sui dati che sono stati opportunamente dichiarati nel modulo, ma anche sul fatto che la persona che ha domandato il mutamento di residenza sia, in effetti, residente là dove ha dichiarato.
Qualora il Comune non dovesse rispondere nel termine di quarantacinque giorni, la richiesta del soggetto verrà considerata perfezionata automaticamente, vista la regola del silenzio assenso.
Non è tuttavia da escludere l’ipotesi in cui il Comune rifiuti la domanda. Di solito accade quando i dati indicati non sono giusti, oppure nei casi in cui sia stato omessa l’allegazione di documentazione importante Se dovesse accadere, il Comune rimanderà indietro la domanda e inviterà l’interessato a rettificare gli errori oppure ad integrarla con ciò che manca. A quel punto, se risulterà tutto corretto, il soggetto otterrà la residenza anche senza contratto d’affitto.
Risolto quesito passaggio, è bene tenere a mente cosa comporta l’essere un ospite all’interno di un immobile altrui. Preme comunque ribadire che, una volta ottenuta la residenza presso quello specifico indirizzo, sarà lì che la persona riceverà ogni comunicazione, come ad esempio quella relativa al voto e al seggio di tipo elettorale.
Questione da valutare attentamente, inoltre, concederne la possibilità di dichiarare oppure no se colui che ha cambiato residenza fa parte del medesimo nucleo familiare del soggetto che lo ospita. Se, infatti, sceglie di dichiarare di far parte del medesimo nucleo, la situazione cambierà in relazione al cosiddetto 730. Il che significa che il reddito dell’interessato andrebbe a sommersi a quello del soggetto che lo ospita. Cosa analoga accadrebbe con la dichiarazione ISEE, se entrambi hanno la facoltà di accedere ad agevolazioni che necessitano di un simile documento.
Quanto alle tasse, nonché ai tributi di natura locale, non sempre si presentano dei mutamenti. Per fare un esempio concreto, è possibile che per quel determinato immobile la Tari sia più elevata, giacché viene stabilita sia sulla superficie del bene, sia a seconda nel numero dei soggetti che lo abitano.
Differente invece la questione del canone della Rai, giacché questo deve essere pagato unicamente da chi possiede la televisione, a prescindere dal numero di persone che effettivamente la guardano. Toccherà semplicemente dividerne il costo.
Passando adesso brevemente ad analizzare la situazione di colui che ospita, preme ribadire che tale soggetto dovrà necessariamente risultare o proprietario o inquilino dello stabile, che quindi ha sottoscritto apposito contratto di affitto con il locatore. Egli ha come obbligo quello di dare comunicazione circa la presenza di un ospite.