In questa guida presentiamo un modello di Scrittura Privata per la Rinuncia alla Servitù di Passaggio, disponibile in formati Word e PDF. Questo modello è editabile e facilmente compilabile, consentendo di adattarlo alle proprie esigenze con semplicità.
Indice
Scrittura Privata Rinuncia Servitù di Passaggio
La servitù di passaggio rappresenta una situazione giuridica nella quale un fondo, definito servente, risulta gravato da un peso a beneficio di un altro fondo, chiamato dominante. Questo peso, nel linguaggio giuridico, si configura come un diritto reale, il che significa che la sua esistenza non si limita a un accordo tra le parti, ma si trascrive nei Registri immobiliari, divenendo quindi opponibile a chiunque. Nel momento in cui viene costituita davanti a un notaio, la servitù assume una particolare rilevanza pubblicistica, poiché l’atto di costituzione viene reso noto a terzi. Tuttavia, può sorgere l’esigenza di rinunciare a questo diritto, per le motivazioni più diverse e nelle circostanze più varie. È bene, dunque, capire in quali casi ciò sia possibile, come operare correttamente e quali formalità richiedano la presenza di un notaio.
Quando si affronta il tema della rinuncia alla servitù, occorre innanzitutto ricordare che si sta procedendo a una vera e propria rinuncia a un diritto reale. Tale diritto, una volta formalmente dismesso, non potrà più essere esercitato dal proprietario del fondo dominante nei confronti del proprietario del fondo servente. Questo significa che, se si tratta di servitù di passaggio, chi rinuncia non potrà più transitare sulla proprietà altrui in forza di quel titolo. È evidente, quindi, la portata pratica e giuridica di questa decisione, che necessita di un atto regolarmente formato e di un’analisi attenta da parte di un professionista esperto, solitamente il notaio, che potrà valutare se la rinuncia sia tecnicamente valida e quali effetti produca.
La servitù di passaggio trova solitamente fondamento in un atto pubblico notarile. Questo può avvenire in contesti diversi, come una transazione tra vicini nella quale si rende necessario assicurare l’accesso a un fondo altrimenti isolato. Una volta iscritta, la servitù resta efficace anche in caso di vendita, poiché segue il fondo dominante e il fondo servente indipendentemente dalle persone che li possiedono. Per capire se e come sia possibile rinunciare, occorre tenere presenti le regole generali sui diritti reali e quelle più specifiche in tema di servitù.
La rinuncia alla servitù può essere tanto a titolo gratuito, quanto a titolo oneroso. Nel primo caso, il proprietario del fondo dominante dichiara la propria volontà di non avvalersi più della servitù, senza chiedere alcun corrispettivo. Può accadere, per esempio, che sia intervenuto un accordo amichevole tra i proprietari dei due fondi, dove uno riconosca di non aver più necessità del passaggio e decida liberamente di abbandonare il proprio diritto. Nel secondo caso, detto a titolo oneroso, il fondo servente può accordarsi col fondo dominante, pagando ad esempio una somma di denaro per ottenere la rinuncia. Questa eventualità si verifica spesso quando la presenza della servitù arreca un significativo pregiudizio al fondo servente o ne limita l’utilizzo in modo rilevante, spingendo il proprietario di quest’ultimo a voler “comprare” la disponibilità a rinunciare da parte dell’altro soggetto .Non è raro che la rinuncia avvenga all’interno di una transazione volta a prevenire o a porre fine a una controversia. In tali situazioni, le parti stabiliscono una serie di concessioni reciproche: una di queste potrebbe essere proprio la rinuncia a un diritto di servitù, in cambio di un’altra prestazione o di un corrispettivo economico. Il contenuto di tale rinuncia verrà poi formalizzato in un atto redatto dal notaio, che potrà trascriverlo e rendere così opponibile ai terzi l’avvenuta estinzione del diritto stesso.
Per rinunciare validamente alla servitù, secondo quanto chiarito anche dalla giurisprudenza, non basta un semplice accordo verbale: occorre un atto scritto. Non tutti condividono la stessa interpretazione su chi debba parteciparvi. Alcuni ritengono indispensabile la presenza del titolare del fondo dominante e di quello servente, ritenendo la servitù un rapporto necessariamente bilaterale e, dunque, passibile di modifiche soltanto con l’intervento di entrambi i soggetti. Altri, invece, sostengono che la rinuncia sia un atto unilaterale, per cui è sufficiente la dichiarazione del proprietario del fondo dominante dinanzi al notaio, dal momento che è lui a esercitare il diritto e a disporne la fine. In ogni caso, la prassi più diffusa è quella di coinvolgere entrambe le parti, perché la servitù è frutto di un atto che riguarda due fondi e la certezza giuridica suggerisce di raccogliere la volontà anche dell’altra parte, quantomeno per evitare futuri contenziosi. Nel caso in cui il fondo dominante appartenga a più soggetti in comproprietà, la rinuncia deve essere espressa da tutti i comproprietari. Se uno solo rinuncia, ma gli altri intendono continuare a esercitare il diritto, la servitù non si estinguerà, a meno che non vi sia un atto concordato e sottoscritto da tutti gli interessati.
Prima di capire come concretamente procedere alla rinuncia, è utile avere chiaro che esistono più modi di estinzione di una servitù. Oltre alla rinuncia, ne fanno parte la prescrizione ventennale per non uso, l’impossibilità di utilizzo o di utilità e l’abbandono del fondo servente. La prescrizione avviene se per vent’anni il titolare del fondo dominante non esercita il suo diritto di passaggio. L’impossibilità di uso sorge, ad esempio, se eventi naturali o interventi umani rendono impossibile passare su quel fondo. L’abbandono del fondo servente, disciplinato dal Codice Civile, è un’altra modalità: il proprietario del fondo servente può decidere di abbandonare la proprietà stessa al titolare del fondo dominante, così da far cessare il peso della servitù. Ognuna di queste ipotesi va attentamente analizzata con il supporto di un professionista, per stabilire se e come si sia verificata l’estinzione. Nel momento in cui si opta per la rinuncia alla servitù, le parti interessate dovranno recarsi dal notaio con la documentazione relativa ai titoli di proprietà e all’atto di costituzione della servitù. Il notaio valuterà la sussistenza dei requisiti necessari e, in presenza di tutte le condizioni, redigerà l’atto di rinuncia. Dopo la firma, l’atto sarà trascritto nei Registri immobiliari, così da rendere pubblica e opponibile a terzi l’avvenuta estinzione del diritto. È fondamentale che l’atto sia redatto nella forma prevista dalla legge, poiché in mancanza di formalità adeguate la rinuncia non produrrà effetti.
È importante sottolineare che, nonostante la rinuncia alla servitù possa apparire come un gesto semplice e unilaterale, in realtà comporta conseguenze rilevanti per il proprietario del fondo dominante, che perde in modo definitivo il diritto di passaggio. È dunque raccomandabile che la decisione sia ponderata con cura, valutando le alternative come la cessione parziale del diritto o la possibilità di modificare il tracciato della servitù stessa, qualora il problema consista solo nel percorso originario. Inoltre, qualora la servitù di passaggio non fosse l’unica via di accesso al fondo dominante ma semplicemente la più comoda, è opportuno riflettere su eventuali esigenze future. Talora, infatti, l’interesse a disporre di un passaggio ritorna a emergere nel tempo e, una volta rinunciato al diritto, un nuovo accordo potrebbe rivelarsi molto più complicato, o comunque comportare un corrispettivo più alto.

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