In questa guida proponiamo un modello di Esposto per Cane che Abbaia, disponibile sia in formato Word che in PDF. Questi documenti sono editabili e compilabili, offrendo così la massima praticità per le tue esigenze.
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Esposto per Cane che Abbaia
Non di rado capita che la serenità di un intero vicinato venga compromessa da un cane che abbaia in modo costante, specialmente durante la notte o nelle prime ore del mattino. Chi si ritrova a subire queste molestie spesso ignora che, dietro il continuo latrato, vi è quasi sempre un atteggiamento non corretto del padrone. Un animale abbandonato per molte ore in solitudine o lasciato sul balcone senza cure adeguate può facilmente innervosirsi e manifestare disagio abbaiando in maniera più intensa e insistente. In questi casi, la frustrazione dei vicini si unisce all’insofferenza del cane, che non trova un contesto sereno in cui abitare. Questo porta a situazioni di conflitto, tanto più serie se il rumore raggiunge un alto numero di persone e si verifica a orari inopportuni, impedendo il riposo o le consuete attività quotidiane.
La prima cosa da chiarire è che, quando il cane disturba non solo uno o due vicini, ma un numero più vasto e “indeterminato di persone”, si può configurare il reato di disturbo della quiete pubblica. La Cassazione ha ripetutamente sottolineato che, per fare in modo che scatti la rilevanza penale, occorre che il rumore sia percepito da un insieme di individui non facile da determinare: questo può avvenire, per esempio, in un grande condominio o in un intero isolato, dove più famiglie sentono i latrati. Non è però necessario che tutte le persone coinvolte presentino effettivamente reclamo; ne basta anche una sola per far emergere il problema, purché sia provato che il fastidio raggiunge effettivamente tutti coloro che abitano nell’area interessata. Se invece a lamentarsi sono soltanto uno o due vicini diretti (per esempio l’appartamento a fianco o quello sopra), la questione non ha generalmente rilevanza penale perché manca la dimensione “pubblica” del disturbo. In tale ipotesi si rientra nella sfera civile, con la possibilità di agire in tribunale per ottenere un provvedimento che imponga al proprietario del cane di eliminare o ridurre le molestie, oltre al possibile risarcimento dei danni qualora questi siano concretamente dimostrabili. Per quanto riguarda la tollerabilità del rumore, l’articolo 844 del Codice civile invita sempre ad applicare un criterio di buon senso: il cane ha diritto a manifestarsi vocalmente, e non sarebbe pensabile pretendere un silenzio assoluto. La situazione diventa però illecita se l’abbaiare si protrae di continuo, in orari di solito dedicati al riposo, senza che il proprietario adotti le misure idonee a prevenire o almeno ridurre il disturbo. Nei casi estremi, quando il rumore è diffuso in gran parte del quartiere o di un intero palazzo, ci si può rivolgere alle forze dell’ordine, polizia o carabinieri, presentando un’apposita querela. È bene precisare che si tratta di un reato non più procedibile d’ufficio, per cui la semplice telefonata di segnalazione potrebbe non essere sufficiente; chi si sente danneggiato deve formalizzare la propria denuncia, affinché le autorità la trasmettano alla Procura e si avvii il procedimento penale. Nel corso delle indagini, si cercheranno prove dell’effettivo disturbo arrecato a una pluralità di soggetti, e i vicini potranno essere ascoltati come testimoni. Quando invece il latrato non raggiunge una cerchia ampia di individui, ma solo pochi e specifici condomini, non sussiste alcuna ipotesi di reato e diventa percorribile la strada civile. L’interessato potrà rivolgersi a un avvocato per inviare, in un primo momento, una diffida al proprietario, invitandolo a prendere precauzioni adeguate. Se il padrone non dovesse collaborare e la molestia proseguisse, si potrà introdurre una causa ordinaria chiedendo al giudice di emettere un provvedimento che ordini di limitare o eliminare il disturbo. Tale provvedimento potrebbe contenere l’invito a seguire corsi di addestramento per il cane, a insonorizzare il locale in cui l’animale è ospitato o a evitare di lasciarlo sul balcone durante le ore notturne. Qualora si riesca a provare che il continuo latrato ha causato un effettivo danno, per esempio di natura psicofisica (stress, insonnia documentata e così via), si potrà anche ottenere un risarcimento, se il giudice riterrà sussistenti i presupposti e adeguatamente provata la relazione tra il rumore e il danno subìto.
Talvolta, chi subisce il disturbo pensa di “farsi giustizia da solo”, per esempio urlando contro l’animale o producendo altri rumori a sua volta. È una reazione comprensibile sul piano emotivo ma altamente rischiosa dal punto di vista legale, in quanto potrebbe configurare a propria volta un disturbo della quiete pubblica o addirittura condotte passibili di sanzione penale. Emblematica è la vicenda di una donna di Bergamo che, per zittire il cane del vicino nel cuore della notte, cominciò a urlare dalla finestra, venendo poi condannata dalla Cassazione a pagare un’ammenda per aver turbato il sonno di tutto lo stabile con le sue grida. Per questo motivo, è vivamente sconsigliato adottare contromisure “fai da te”, poiché potrebbero ritorcersi contro chi cerca di difendersi, aggravando inutilmente la situazione.
L’amministratore di condominio, dal canto suo, ha competenze limitate: è suo dovere far rispettare il regolamento condominiale, ma se quest’ultimo non contiene clausole particolari che proibiscano di tenere animali o che impongano specifici divieti relativi ai rumori, non potrà esercitare poteri di coercizione. Spesso si crede che l’amministratore abbia un generale potere di intervento in tutti i conflitti tra condomini, ma non è così. Egli è sicuramente legittimato a intervenire se un proprietario viola le norme dell’assemblea sull’uso delle parti comuni o sugli orari di silenzio qualora siano previste e approvate all’unanimità, ma non può imporre l’allontanamento di un animale dalla sua abitazione o pretendere di eliminare il problema se non c’è una chiara violazione del regolamento.
Nelle situazioni più estreme, specie quando si profila il reato di disturbo della quiete pubblica e il proprietario non manifesta alcuna volontà di correggere la propria condotta, il giudice penale può anche disporre il sequestro preventivo del cane. Ciò accade se sussiste il fondato timore che la condotta illecita venga reiterata e che i latrati continuino a turbare il riposo e la vita dei residenti. Un caso tipico è quello del cane lasciato da solo per intere giornate perché il padrone lavora e non ha chi se ne prenda cura, con la conseguenza di provocare all’animale uno stress che si traduce in continui abbai. In una simile evenienza, il reato di disturbo alla quiete pubblica potrebbe ripetersi e il giudice, a tutela del benessere comune, può decidere di collocare l’animale in un ambiente più idoneo.

Esposto per Cane che Abbaia Word Editabile e Compilabile
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Esposto per Cane che Abbaia PDF Editabile e Compilabile
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