Nell’ambito della ricerca del lavoro, si sente spesso parlare di concorsi pubblici, utili e nella maggior parte dei casi indispensabili al fine di arrivare a ricoprire l’impiego o la carica desiderata. Capita però che questi siano fonte di incertezza e, come tale, generino dubbi e domande, soprattutto riguardo ai titoli di servizio.
Vediamo quindi ciò che occorre sapere sull’argomento.
Innanzitutto, o per arrivare a comprendere cosa s’intende per titoli di servizio, è necessario avere ben chiaro che cosa sono i concorsi pubblici. Trattasi, in sostanza, di procedimenti di cosiddetta selezione, finalizzati a stabilire dei profili di tipo professionale da inserire nell’ambito delle varie posizioni di carriera messe a disposizione (o, più correttamente, a bando) dallo specifico ente che ha imbastito il concorso.
Generalmente i concorsi pubblici stabiliscono una preselezione, ove viene effettuata una grande scrematura di canditati e spesso rappresentata da una prova di genere scritto, e poi due fasi successive (sempre scritte o anche orali).
In alternativa alla preselezione, potrebbe essere stipulata una graduatoria dei vari canditati, sulla base dei titoli che questi possiedono, oltre ad altre e differenti caratteristiche. Sul punto è bene precisare che non esiste una regola in proposito: ogni ente è libero di optare per la strada che preferisce per ciò che concerne la preselezione.
Comunque sia, per tutti coloro che desiderano candidarsi e rispondere ad un bando di un concorso pubblico, avere determinati requisiti, capaci di aumentare il punteggio di cui dispongono, è importantissimo per vedersi elevare le possibilità di ottenimento di ciò a cui ambiscono.
E sempre parlando di requisiti, i quali hanno la possibilità di essere cumulati allo scopo di calcolare il punteggio del singolo candidato nell’ambito di un procedimento di tipo concorsuale, questi possono essere molti e differenti. In particolare, tra i requisiti vi rientrano i cosiddetti titoli.
I titoli possono essere di studio oppure di servizio. I titoli di studio sono: il diploma, ovverosia la maturità, la laurea, un eventuale master conseguito all’università, specifici corsi definiti di perfezionamento e i vari dottorati di ricerca.
Venendo adesso ai titoli di servizio, essi sono considerati la quantificazione del tempo di servizio che è stato prestato dal candidato presso chi ha proposto il bando (quindi, generalmente, l’ente stesso) o, in alternativa, presso una diversa pubblica amministrazione.
Sempre in tema di titoli, la Direttiva numero 3 del 2018, emanata dal “Ministero” per la P.A (pubblica amministrazione), la quale detta una vera e propria guida in ambito di procedura di tipo concorsuale, specifica che i titoli di servizio devono essere bilanciati in maniera adeguata rispetto ad altri e differenti tipi di titolo. A ciò si aggiungere che i titoli di servizio non devono, in alcun modo, risultare di natura discriminatoria, oltre al fatto che il lavoro effettuato deve necessariamente essere prestato in maniera meritevole.
Posto quanto sopra, ulteriori requisiti che consentono di aumentare i punti necessari per un concorso di tipo pubblico sono le cosiddette certificazioni di genere informatico, linguistico oppure tecnico “professionali”, nonché le pubblicazioni definite accademiche. Tuttavia, affinché siano reputate pienamente valide, queste devono essere emesse da un ente, sia esso privato o anche pubblico, che però abbia un regolare accredito presso il MIUR (Ministero dell’Istruzione).
In linea generale, coloro che scelgono di partecipare ad un concorso pubblico, opta solitamente per ottenere più di una certificazione di natura professionale, così da elevare il punteggio proveniente dai già citati titoli di studio. Importante, in ogni caso, è che un simile requisito rientri tra quelli che comportano la definizione finale dei punti del candidato. Questo perché può capitare che una certa qualifica sia considerata valida unicamente se è in linea con un percorso di genere formativo che comprenda un certo numero di ore.
Per meglio comprendere l’argomento è necessario fare un esempio concreto: le graduatorie di quello che viene definito con l’acronimo ATA (ovverosia il personale “tecnico amministrativo” che viene utilizzato all’interno delle scuole) prevedono tra i titoli che permettono di incrementare i punti, quello relativo alla qualifica di dattilografia, ma solo se il corso è durato non meno di duecento ore totali.
Il Decreto “PNRR 2”, già convertito in legge, ha introdotto una vera e propria riforma in ambito di concorsi pubblici, giacché ha reso l’intero procedimento senz’altro più snello e più rapido.
Le novità, però, non sono ancora entrate in vigore, giacché attualmente si attende ancora la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
In ogni caso, la riforma in parola, risalente all’anno 2023, è nata a seguito delle rettifiche alle procedure concorsuali: esse hanno fatto si che si avvertisse l’esigenza di concorsi che fossero più veloce, oltreché più semplici per i vari candidati.
L’ultimo testo, quindi quello definitivo del Decreto “PNRR 2” già convertito in vera e propria legge, era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 giugno dello scorso anno, ma a seguito dei pareri contrari da parte del Consiglio di Stato, la riforma è stata oggetto di una sospensione.
Stante tale situazione, che ha temporaneamente congelato l’effettiva entrata in vigore delle citate modifiche ai concorsi pubblici, è possibile comunque procedere con l’analizzare cosa in effetti prevedere la riforma e cosa cambierà in futuro sul tema in esame.
Per prima cosa, il Decreto ha voluto puntare ad un’agevolazione riguardo alle prove, ovverosia a prove maggiormente semplici per i candidati. Il che comprende: lo svolgimento di almeno un esame di tipo scritto (sebbene lo stesso possa comunque essere di natura teorica e pratica); l’espletamento della prova orale, soprattutto con riguardo alla conoscenza, e quindi alla comprensione di una lingua straniera; prove che attestino determinate competenze (in questo caso si parla non soltanto di capacità di tipo manageriale, bensì anche di competenze di genere comportamentale, logico e tecnico. Queste, naturalmente, devono essere indicate nel bando del concorso a seconda del genere di carica per cui è stato emesso); la presenza di una mediazione, tra l’estensione dell’esame delle varie competenze e il bisogno che la procedura concorsuale si esplichi e si concluda in tempi brevi, senza che si protragga in maniera eccessiva. In questo caso, dunque, dovrà essere prestata particolare attenzione al rispetto di determinati principi, quali la trasparenza, l’efficienza, l’omogeneità di ogni prova, la rapidità, l’integrità, la sicurezza e via dicendo.
Sempre in merito alla riforma prevista dal Decreto “PNRR 2”, privilegia l’accesso alle prove concorsuali tramite l’espletamento della summenzionata preselezione. Tutto ciò mediante appositi test che siano stilati da società oppure da coloro che sono specializzati nel compito di selezionare il personale. La prova preselettiva potrebbe essere inerente ad accertare le conoscenze del candidato oppure le varie competenze che sono espressamente menzionate nel bando del concorso.
Passando adesso nello specifico al contenuto delle singole prove, questo viene stabilito dalle varie Pubbliche Amministrazioni che sono titolari della responsabilità in merito a come si svolte il concorso. Detti enti, infatti, adottano il tipo di selezione che risulti maggiormente in linea con ciò a cui il candidato aspira partecipando al procedimento concorsuale. Oltre a stabilire, direttamente all’interno del bando, che per ciò che concerne le assunzioni dei cosiddetti profili di natura specializzata debbano essere esaminate non solo le competenze, bensì l’esperienza di tipo lavorativo che siano attinenti col concorso e le abilità “residue” per le persone affette da disabilità.
Oltre a quanto appena esplicato, il Decreto in esame prevede la facoltà, da parte delle Pubbliche Amministrazioni che indicono procedure di natura concorsuale, di inserire nelle varie commissioni dei soggetti che siano particolarmente esperti nell’attività di giudizio delle competenze, nonché, appunto, di selezione dei candidati. Il tutto in assenza di costi aggiuntivi.
Inoltre le commissioni incaricate di esaminare i candidati, nell’ambito di concorsi pubblici, possono agilmente essere a loro volta divise in sottocommissioni. Per ogni sottocommissione viene nominato un cosiddetto segretario detto aggiuntivo e un presidente.
La commissione ha il compito di stabilire, in una seduta chiamata plenaria, nonché di natura preparatoria, il procedimento e il metodo di valutazione. Tale metodo dovrà necessariamente risultare omogeneo, oltreché vincolante per le varie commissioni presenti.
Il regolamento deve essere pubblicato nell’apposito sito internet dell’ente o dell’Amministrazione Pubblica procedente, e ciò deve necessariamente avvenire in maniera contestuale alla cosiddetta graduatoria ultima.
Sul punto è opportuno precisare che dal giorno primo del mese di novembre dell’anno 2022, i membri di sottocommissioni e delle commissioni stesse, che hanno come compito quello di esaminare i candidati al concorso, devono essere reclutati rispettando la cosiddetta parità di genere, mediante il Portale “Unico” del Reclutamento. Tale principio, ormai granitico e consolidato, vale per ogni tipologia di procedura concorsuale: sia per quelle svolte dagli enti statali, sia dagli ordinamenti che vengono considerati autonomi, sia per i procedimenti espletati dalle residue Pubbliche Amministrazioni.
Altro aspetto molto importante e sempre relativo alla riforma dei concorsi pubblici, è che è stata prevista la facoltà, per ogni tipologia di concorso (quindi non soltanto per quei concorsi che si sono svolti nel corso dell’emergenza Covid-19) che le varie prove si esplichino in maniera non contestuale. In altre parole, è possibile che l’esame dei candidati si snodi in più di un giorno, grazie ad apposita suddivisione dei partecipanti al concorso in apposite sessioni di verifica.
In ogni caso, anche per le prove cosiddette non contestuali, le Pubbliche Amministrazioni hanno a prescindere l’obbligo di fare si che vengano rispettati i fondamentali principi di omogeneità, nonché di trasparenza delle relative prove. Tutto ciò al fine di tutelare gli iscritti e di assicurare la massima imparzialità.
Non soltanto: con il Decreto “PNRR 2” è stata prevista la possibilità di attingere a modalità definite semplificate di esecuzione dei concorsi di natura pubblica, già definita nell’ambito dell’articolo dieci del Decreto Legge numero 44 dell’anno 2021. Ma di cosa si tratta esattamente? Da un punto di vista pratico e concreto, i concorsi pubblici semplificati fanno uso di strumenti di tipo informatico, digitale e, talvolta, dato che non è un obbligo, anche di apparecchi digitali per far sì che l’esame orale si svolga tramite videoconferenza. A ciò si aggiunge che per i profili che vengono considerati qualificati, o che comunque siano dotati di un’alta specializzazione di natura tecnica, è previsto un esame dei titoli che siano riconosciuti in modo legale, oltreché collegati alle posizioni di carriera che il bando prevede.
Sempre nell’ambito della procedura semplificata, i titoli, compresi anche i titoli di servizio, concorrono agilmente alla creazione del punteggio ultimo, ma nella misura che non superi l’un terzo. Infine, per esigenze particolari o perché l’ente pubblico in questione vi ha optato, è prevista la facoltà da parte delle Pubbliche Amministrazioni di stabilire l’uso di sedi cosiddette decentrate, lì dove verrebbe svolto il concorso. Tutto questo, naturalmente, adottando eventuali misure apposite per partecipanti affetti da disabilità o da altre tipologie di disturbi (come ad esempio il disturbo dell’apprendimento.
Venendo adesso ai principi, nonché ai vari requisiti tipici dei concorsi pubblici, introdotti grazie al Decreto in esame, possiamo senz’altro trovare, oltre al già citato principio di imparzialità, anche quello relativo all’economicità e alla rapidità con cui dovrà essere portata a termine la procedura concorsuale (e questo allo scopo di evitare infinite lungaggini e tempi di attesa insostenibili per i vai candidati).
In tema di requisiti, invece, il bando del concorso dovrà necessariamente indicare la percentuale che rappresenti i generi all’interno dell’ente o dell’amministrazione che lo ha pubblicato. E questo per ogni qualifica che sia stata messa a concorso. Qualora vi sia troppa differenza di percentuale, ed in particolare nel caso in cui questa superi il trenta per cento, la precedenza, se i titoli sono i medesimi, verrà ottenuta da il genere che abbia avuto minore rappresentazione. Tutto ciò al fine di assicurare la parità di genere.
Inoltre, i soggetti che siano considerati rifugiati, in aggiunta ai cittadini italiani e dell’Unione Europea, vantano il diritto ad una protezione cosiddetta sussidiaria (nota anche come diritto di asilo).
E hanno la facoltà di prendere parte ad un concorso di natura pubblica anche gli stranieri che siano in possesso di regolare permesso di soggiorno dell’Unione Europea e che sia di un periodo reputato sufficientemente lungo. Il tutto a patto che il cittadino straniero conosca e comprenda l’italiano e siano titolari di determinati requisiti, previsti anche per gli italiani. Tra questi l’aver compiuto diciotto anni, essere in possesso di idoneità fisica a quel determinato impiego e avere l’apposito titolo di studio specificato all’interno del bando concorsuale.
In più è stato previsto che, qualora dovesse esserci una parità di merito tra i candidati, avranno accesso preferenziale alle varie graduatorie, coloro che risultano essere figli di infermieri, dottori, oppure di tutti quelli operatori sanitari che abbiano perso la vita a causa dell’emergenza Covid-19, e quindi contagiati mentre erano in procinto di svolgere il loro lavoro. Trattasi di una branca privilegiata che verrà subito dopo gli iscritti aventi medaglia “al lavoro”, i candidati mutilati, nonché gli invalidi per tutto ciò che concerne i servizi nell’ambito privato e pubblico.
Da tenere presente che i bandi e i procedimenti per l’accesso ai concorsi pubblici, diventeranno parte integrante (compresi per gli enti quali Province, Regioni e Comuni) del cosiddetto portale del “reclutamento” in Pubblica Amministrazione. In sostanza, ci sarà una vera e propria digitalizzazione delle procedure concorsuali, nell’ottica di facilitare le iscrizioni e i vari adempimenti da espletare per poter partecipare al concorso.