Il collaudo statico fu introdotto nell’ordinamento italiano con la legge numero 1086 del 1971 e fu reso esecutivo il 5 gennaio 1972. La normativa prevedeva che le opere realizzate in conglomerato cementizio armato precompresso e normale e le opere contenenti strutture metalliche fossero soggette al collaudo statico. Con il tempo la norma è stata modificata e ha subito diversi ampliamenti, trovando una disciplina unitaria con il Testo Unico reso esecutivo dal DPR numero 380 del 2001, con specifico riguardo all’articolo 67. Passiamo ora in rassegna la storia di questo istituto giuridico e i profili di criticità che si incontrano quando manca il collaudo statico.
Indice
Cosa succede quando manca il collaudo statico
Quando viene costruita un’opera che presenta le caratteristiche sopra menzionate, l’immobile non può essere abitato fino a quando non ottiene il collaudo statico. In caso contrario, l’edificio può essere sanzionato con l’inabilità e una serie di rallentamenti a cui seguono le relative pratiche.
Ma andiamo con ordine. L’abitabilità di un immobile viene concessa con l’emissione, da parte del Comune dove è ubicata la struttura, di un certificato di agibilità o abitabilità. Tale procedura è stata poi sostituita dalla Segnalazione Certificata di Agibilità emessa ex articolo 24 del DPR numero 380 del 2001, novellato poi dal decreto legislativo numero 222 del 2016. Le pratiche per l’emissione della Segnalazione Certificata di Agibilità sono di competenza di un tecnico abilitato nominato dal Comune che analizza la documentazione e stabilisce se la struttura è dotata delle caratteristiche per ottenere il collaudo.
È importante sottolineare che nel linguaggio comune si utilizza l’espressione Certificazione o Dichiarazione di Abitabilità ai sensi del Regio Decreto numero 1265 del 1934, sebbene tale normativa sia stata sostituita dal Decreto del Presidente della Repubblica numero 380 numero 2001 che ha inglobato tale certificazione con la procedura per l’emissione della Certificazione di Agibilità, divenuta oggi Segnalazione Certificata di Agibilità.
Ricordiamo, inoltre, che oggi la normativa nazionale può subire delle variazioni dovute e disposizioni regionali diverse, come accade, ad esempio, con la Regione Toscana.
Il Collaudo Statico è uno dei presupposti fondamentali per ottenere l’Agibilità o l’Abitabilità per una costruzione nuova o per una struttura soggetta a interventi strutturali per la quale è richiesta per legge il rilascio del collaudo statico.
Ai sensi dell’articolo 24 del DPR numero 380 del 2001 la Segnalazione Certificata di Agibilità deve essere dotata del collaudo statico o della Dichiarazione di Regolare Esecuzione elaborata dal Direttore dei Lavori. Ricordiamo a tal fine che la dichiarazione di regolare esecuzione è obbligatoria per le opere di rilevanza strutturale inferiore non soggette al collaudo.
Per completezza di trattazione, evidenziamo che l’obbligo di ottenimento del collaudo statico esisteva già nel passato con l’articolo 4 del R.D. 229 del 1939, poi abrogato e sostituito da una serie di norme tecniche in cui il collaudo ha rappresentato sempre un certificato indispensabile per garantire la sicurezza della struttura e la sua realizzazione secondo i canoni stabiliti dalla legge. Basti pensare all’articolo 8 della legge 1086 del 1971 che, riferendosi agli edifici realizzati in conglomerato cementizio armato contenenti strutture metalliche, prevedeva l’obbligo di rilascio del certificato di collaudo come documento propedeutico all’ottenimento dell’abitabilità.
Per questo occorreva dare prova che l’ufficio del genio civile avesse depositato il certificato di collaudo presso gli uffici competenti mediante la redazione di un’attestazione con cui era possibile concedere la licenza d’uso. Si trattava di un’attestazione di grande valore che semplificava la burocrazia e consentiva alle parti coinvolte di velocizzare le pratiche di agibilità, tanto che la medesima attestazione, quando aveva ad oggetto opere realizzate per conto dello Stato o degli enti di cui all’articolo 4 ultimo comma, può essere surrogata dalla dichiarazione di avvenuto collaudo statico.
Ma cosa accade se un immobile viene utilizzato senza detto certificato? In una prima formulazione della norma, chiunque consentiva l’uso di immobili prima dell’ottenimento del collaudo statico veniva punito con multe piuttosto salate, ricordando che detto divieto era previsto anche nel caso di opere realizzate per conto dello Stato e degli enti previsti dall’articolo 4 ultimo comma.
La norma è divenuta più stringente con l’emanazione del DPR numero 380 del 2001 al cui articolo 62 stabilisce che la licenza d’uso che ha ad oggetto gli edifici realizzati in cemento armato da parte del comune può essere rilasciata solo dietro esibizione di un certificato attestante la rispondenza perfetta dell’opera alle normative edili, a patto che tale documento venga redatto e rilasciato dall’ufficio tecnico della regione in cui si trova l’edificio. Tale norma è stata resa più rigida dall’articolo 75 TUE e dalle NTC del 2008, meglio conosciute come Norme Tecniche delle Costruzioni che al comma 3 del punto 9.1 hanno emendato la disciplina del collaudo statico rendendola obbligatoria per tutte le strutture e tutti i materiali ad essa soggetta.
L’estensione dell’obbligo di ottenimento del collaudo statico a tutte le strutture si è rivelata una vera e propria rivoluzione da parte del legislatore che ha voluto garantire massima sicurezza e rispondenza alle norme edili a tutti gli immobili. In questa direzione, il collaudo statico diviene il presupposto fondamentale per ottenere l’agibilità e l’abitabilità.
Cosa fare se manca il collaudo statico
Per risolvere il problema degli edifici sprovvisti di collaudo statico fu emanata la LP numero 47 del 1985 che all’articolo 35 stabiliva che quando l’opera era superiore ai 450 mc era necessario presentare una Perizia Giurata redatta da un tecnico abilitato in cui dichiarava l’idoneità statica di tutte le opere realizzate. Nel medesimo articolo era previsto che il Ministero dei Lavori Pubblici emanasse un decreto sugli accertamenti da effettuare. Il provvedimento prese il nome di “Accertamenti e norme tecniche per la certificazione di idoneità statica delle costruzioni abusive” e fu emanato con il DM del 15 maggio 1985, contemplando una serie di indagini e accertamenti che i tecnici dovevano svolgere prima del rilascio del collaudo statico. La norma è stata poi superata nel 1985, quando il Governo ha lasciato a Regioni e Province il potere di colmare il gap normativo, stabilendo il procedimento per ottenere l’idoneità statica.
Pertanto, è stato stabilito che ai fini del rilascio del collaudo statico su edifici in questo manca, è necessario affidare l’incarico a un professioniste tecnico abilitato che deve eseguire le seguenti attività
-Ricognizione documentale
-Verifica dei materiali impiegati per la costruzione
-Controllo dimensionale
-Prove di carico precedenti o nuova
-Estensione dei controlli agli interventi eseguiti localmente
-Verifica e valutazione di ogni particolare costruttivo.
Dopo tali attività, il tecnico chiede il collaudo statico e la Pubblica Amministrazione decide se concedere o meno il collaudo statico agli immobili che ne sono sprovvisti.
Come anticipato, il percorso normativo che prevede il rilascio del collaudo statico per ottenere l’agibilità è stato lungo e difficile, culminando nel DPR 380 del 2001 che rappresenta oggi il vero punto di riferimento. L’articolo 75 di detta norma sancisce l’espresso divieto di utilizzo di una struttura in cemento armato o di una struttura metallica quando manca il certificato di collaudo. Tale norma è stata oggetto di diverse disquisizioni da parte della dottrina e della giurisprudenza che hanno oscillato per anni, mettendo in dubbio l’applicabilità del divieto in alcune ipotesi e per specifiche strutture. A fugare ogni dubbio è intervenuta la Cassazione Penale con la sentenza numero 5307 del 2022 che ha stabilito che la concessione del certificato di agibilità-abitabilità senza il certificato di collaudo statico rappresenta una condotte illecita con natura di reato permanente a condotta mista. Questo significa che il reato comprende sia un aspetto commissivo che omissivo: il primo viene integrato dall’uso dell’immobile e il secondo, invece, dalla mancata richiesta all’autorità competente del collaudo statico. Ne deriva che il termine di prescrizione decorre dalla dismissione del bene ovvero dall’ottenimento del collaudo e corrisponde alla cessazione della condotta antigiuridica. In via esemplificativa, possiamo dire che l’articolo 75 del TUE punisce coloro che utilizzano o consentono l’uso dell’immobile prima dell’ottenimento del certificato di collaudo, esponendo l’utilizzatore e il proprietario alla pena dell’arresto fino a un mese oltre a una sanzione amministrativa che parte da un minimo di 103 euro a un massimo di 1032 auro. Al netto della pena e delle ammende, bisogna considerare anche le sanzioni amministrative da applicare, che riguardano la dichiarazione di inagibilità-inabitabilità previste nell’articolo 26 del DPR numero 380 del 2001, già contemplati dal RD numero 1265 del 1934, a cui possono essere aggiunti eventuali provvedimenti cautelativi in caso di messa in stato di pericolo di cose o persone.
Come ottenere il certificato di collaudo statico
Quanto scritto mette in rilievo l’importanza del certificato di collaudo statico e la sua indispensabilità ai fini dell’utilizzo di un immobile. Ma qual è la procedura per conseguire tale attestazione e chi sono i soggetti abilitati alla sua concessione? Per rispondere a tali quesiti ci viene in aiuto il DPR 380 del 2001 con specifico riferimento agli articoli 64, 65, 66, 67 e 68. Il primo passo da compiere per il costruttore nel caso di costruzioni in conglomerato cementizio armato, precompresso e normale e dotate di struttura metallica è quello di denunciare tali opere, prima del loro inizio, al Servizio Opere Civili della Provincia, Sportello Cementi Armati. La denuncia deve specificare i dati anagrafici e i recapiti di committente, progettista, costruttore e direttore dei lavori. Contestualmente alla presentazione di tale denuncia e presso il medesimo sportello, il direttore dei lavori deve produrre l’atto di nomina del collaudatore da parte del committente e la relativa accettazione di incarico del professionista, ricordando che il collaudatore può essere solo un architetto o un ingegnere iscritto all’albo da almeno 10 anni e che egli deve essere estraneo alla direzione, progettazione ed esecuzione dell’opera.
Congiuntamente alla denuncia va allegato anche il progetto della struttura firmato dal direttore dei lavori e dal progettista. Tale allegato, da depositare in doppia copia, deve dimostrare in modo chiaro ed esaustivo sia i calcoli effettuati che la relazione illustrativa evidenziando qualità, quantità e caratteristiche dei materiali impiegati nella futura costruzione.
Una volta presentata la denuncia in modo corretto, l’Ufficio Cementi Armati restituisce una delle due copie attestando l’avvenuto deposito con un numero di protocollo. Ricordiamo che il progettista che intenda introdurre delle varianti in corso d’opera deve rendere edotto il Comune con specifica denuncia, da presentare al medesimo sportello prima della loro esecuzione.
Ultimata l’opera, il direttore dei lavori consegna al collaudatore scelto, entro 60 giorni, la relazione a struttura ultimata che dovrà contenere i certificati emessi da laboratori ufficiali delle prove su tutti i materiali utilizzati e il risultato delle prove di carico eventualmente eseguite, allegando copie dei verbali.
A questo punto il collaudatore è tenuto a redigere il certificato di collaudo statico sotto la propria responsabilità, depositando due copie all’Ufficio Cementi Armati, tenendo presente che il deposito equivale al certificato di piena rispondenza della struttura alle norme tecniche per le costruzioni.
Nel caso particolare in cui il costruttore non agisca per conto di un committente ma in proprio, questi deve fare istanza all’ordine provinciale degli architetto o degli ingegneri, di una terna di nomi tra cui individuare e nominare il collaudatore. Tale richiesta va effettuata prima della presentazione della denuncia inizio lavori affinché il collaudatore sia scelto tempestivamente.
Ricordiamo che nel corso dei lavori è possibile eseguire collaudi parziali giustificati da complessità particolari nell’esecuzione dell’opera, da difficoltà tecniche o nel caso in cui tali verifiche non fossero possibili successivamente con il proseguo dei lavori.
Un altro caso particolare riguarda gli interventi di riparazione e quelli locali su strutture già esistenti. In questo caso il punto 8.4.1 del DM 17 gennaio 2018 prevede che il certificato di collaudo è sostituito da una Dichiarazione di Regolare Esecuzione redatta dal direttore dei lavori che attesti che alla struttura non sono state apportate modifiche sostanziali alle altre aree dell’immobile e che l’intervento eseguito è stato finalizzato al miglioramento dello stato di sicurezza.
Cosa accade agli interventi eseguiti tra il 5 gennaio 1972 e il marzo 2008 privi di collaudo statico
Considerate le numerose modifiche apportate alla normativa, sono state introdotte alcune varianti all’ottenimento del collaudo in base al periodo in cui sono stati eseguiti gli interventi di miglioramento dell’edificio
-Quando tali interventi sono stati eseguiti prima del 19 aprile 1940 deve essere resa una dichiarazione di idoneità Statica
-Quando i lavori sono avvenuti tra il 19 aprile 1940 e il 5 gennaio del 1972 occorre presentare il Certificato di Collaudo Statico ex Regio decreto numero 2229 del 1939 o, alternativamente, il Certificato di idoneità Statica
-Se gli interventi sono stati eseguiti tra il 5 gennaio 1972 e il 5 marzo del 2008 è necessario il Certificato di Collaudo Statico ex legge numero 1086 del 1971
-Infine, quando le opere sono state realizzate successivamente al 5 marzo 2008, occorre il certificato di Collaudo ai sensi del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008.
Il legislatore, in pratica, ha vietato la produzione di certificati di idoneità statica ex post e cioè a opera già terminata, rispettando la ratio della legge numero 1086 del 1971 agli articoli 1, 6 e 7.